giovedì 24 maggio 2012

Una repubblica fondata sullo stage.

Lo sforzo di ogni giorno per eccellere trascendendo i propri limiti, notti insonni, la voglia di una vita migliore, di stabilità, il ricordo di quei giorni a rimuginare sui progetti nati durante i giorni passati al liceo, tutta la determinazione che si infrange sul muro del "le faremo sapere..." tanto caro agli head hunters in sede di colloquio.
Il sistema degli internship(così come quello dei tirocinii universitari e del praticantato), appare, quasi palesemente, come un veicolo di sfruttamento del giovane neo-laureato, che diventa strumento,per poter sgonfiare alcune voci in sede di bilancio.
Le promesse,fatte in luogo di presentazione dell'offerta di stage, appaiono l'ideale per un giovane da poco laureato, la cui esperienza pressoché nulla, lo induce a guardare con relativo ottimismo alle prospettive che un'esperienza aziendale può offrire.
Tutto ciò, si scontra con l'amara realtà manifestatasi in sede di colloquio o tramite lapidarie e preconfezionate mail, in cui si invita il candidato ad un ulteriore colloquio(nella migliore delle ipotesi), dove verrà spiegato come al termine del periodo formativo, l'assunzione resti improbabile, dato l'alto(altissimo) numero di stagisti che l'azienda è stata costretta ad assumere e di cui solo una piccola percentuale, in possesso dei fantomatici requisiti richiesti, riesce a strappare un contratto al termine dei sei mesi(nove mesi,un anno,fate voi).

I confini tra la verità e la barzelletta diventano ancora più incerti, quando dalle HR non arriva neanche la classica mail di risposta con scritto: "la ringraziamo per aver risposto all'annuncio, le posizioni sono attualmente tutte occupate, terremo il suo curriculum in database, che in attesa di future offerte lavorative, la invitiamo ad aggiornare frequentemente."
Il punto di non ritorno, la classica favola della casa di marzapane nel bosco, che tutti i bambini sognano, salvo poi trovare all'interno la strega mangiabambini, pronta a metterti all'ingrasso, per poi poterti mangiare.
Sorvolando sul breve excursus favolistico(di cui a priori mi scuso), resta la voglia di voler dare un giudizio lucido, che non entri in tecnicismi che il lettore non riesca ad interpretare o che mal volentieri sopporti,ma, forse, è impossibile dare un giudizio super partes(come è da sempre mio obiettivo), quando della questione si sa troppo o troppo poco.

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